27 Giugno 2019

Sindrome dello stretto toracico superiore

In quanti di voi hanno sentito parlare di sindrome dello stretto toracico superiore? E in quanti hanno detto, si, ne ho sentito parlare, ma cosa vuol dire? Cos’è la sindrome dello stretto toracico superiore? Perché bisogna saperla riconoscere?

E’ di fondamentale importanza essere informati riguardo tale sindrome poiché, il suo corretto riconoscimento, aiuterà a differenziare le cervicalgie e cervicobrachialgie derivanti da una problematica del  rachide cervicale.

Sindrome dello stretto toracico superiore

By Nicholas Zaorsky, M.D. – Nicholas Zaorsky, M.D., CC BY-SA 3.0,
Fonte: https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=15520323

Indice delle informazioni che troverai nell’articolo

Quando si iniziò a parlare della sindrome

Un po’ di storia. La sindrome è stata descritta per la prima volta nel 1959 all’interno del lavoro di Peet (1). In principio la sindrome si riferiva soltanto al triangolo scaleno, unico luogo in cui si pensava avvenisse la compressione del pacchetto neurovascolare e per tale motivo, la sindrome era conosciuta come sindrome dello scaleno anteriore. Successivamente altri studi hanno evidenziato che la sintomatologia riportata derivava nella stragrande maggioranza dei casi da difetti del plesso brachiale, seguito da difetti dei tessuti molli per poi terminare con alterazioni del compartimento osseo (2).

Cos’è la sindrome dello stretto toracico superiore?

Colpisce circa 10 su 100.000 persone, individui per la maggior parte giovani, di una età compresa tra i 20 e 40 anni prediligendo, inoltre, il sesso femminile (3).

Prima di parlare del perché bisogna saperlo riconoscere, è opportuno sapere a cosa ci riferiamo quando parliamo di tale sindrome.

In letteratura è definita in differenti modi:

  • Sindrome dello stretto toracico superiore;
  • Sindrome dell’egresso toracico superiore;
  • Thoracic Outlet Sindrome (TOS).

Cambia la nomenclatura ma non la sostanza, infatti, ci si riferisce sempre alla stessa sindrome.

La Thoracic Outlet Sindrome non è altro che un insieme di segni e sintomi che indicano una compressione del plesso brachiale e del plesso succlavio in prossimità del margine superiore, apertura, del torace. Ma cosa intendiamo per stretto toracico? Tale egresso è uno spazio fisiologico, che si riferisce al restringimento superiore del torace. Lo spazio è delimitato dalla prima costa, dalla clavicola, dai muscoli scaleni, dal muscolo succlavio e dal piccolo pettorale. E’ uno spazio molto limitato dentro il quale troviamo il passaggio di numerose strutture:

Quali sono le cause del Thoracic Outlet Sindrome

La sua compressione è quasi esclusivamente di origine estrinseca e può avere genesi differenti:

  • Congenita: rappresentata principalmente da presenza di strutture che in genere non dovrebbero essere presenti come ad esempio un costa sopranumeraria(costa cervicale su C7). Causa molto comune. Oltre alla presenza della costa, la compressione potrebbe essere causata dal collegamento, tramite banda fibrosa che, in rari casi avviene tra la costa sopranumeraria e la prima costa. Statisticamente, questo evento, si verifica principalmente sul lato destro, raramente possiamo trovarlo bilaterale;
  • Acquisita: trauma che altera la corretta forma della prima costao della clavicola, tensionamento dei tessuti molli come i muscoli scaleni, del muscolo succlavio, dei legamenti sterno-costo-clavicolari o la presenza di

La compressione del fascio neuromuscolare può presentarsi:

  • Nello spazio costoclavicolare;
  • Nel triangolo interscalenico;
  • In prossimità dell’inserzione del piccolo pettorale sul processo coracoideo della scapola.

Quali sono i sintomi

sintomi nel 90% dei casi, sono di tipo neurologico, soltanto nel 10% dei casi saranno presenti sintomi di tipo vascolare. La maggior parte degli individui presenta intorpidimento e dolore all’arto superiore e/o dolore al collo, regione sottomandibolare e pesantezza nella regione scapolo-omerale. Tali sintomi si presentano in base alla tipologia di compressione di cui presto parleremo.

I soggetti affetti dalla sindrome dell’egresso toracico superiore presentano differenti segni e sintomi qui riportati:

  • Dolore all’arto superiore;
  • Parestesie all’arto superiore;
  • Edema dell’arto superiore;
  • Diminuzione della forza nella presa;
  • Arto superiore freddo.

I pazienti che presentano tali caratteristiche, sono pazienti che potrebbero essere affetti dalla sindrome dello stretto toracico superiore.

Sintomatologia nervosa

Nel 90% dei casi i sintomi della sindrome dello stretto toracico superiore sono di tipo nervoso. Questi sono dati dalla compressione del plesso brachiale. In base al livello di compressione, si avranno distribuzioni differenti, infatti la distribuzione è metamerica.

Nella compressione della porzione superiore del plesso brachiale, la sintomatologia sarà rappresentata da dolore e parestesie (alterazione della sensibilità) lungo la porzione antero-laterale dell’arto superiore e a volte interessando anche la porzione del collo fino alla zona auricolare omolaterale.

Nella compressione della porzione inferiore del plesso brachiale, la sintomatologia sarà rappresentata sempre da dolore ma con maggiori parestesie lungo la porzione mediale dell’arto superiore.

Generalmente questi sintomi sono mal conosciuti e indicati dal paziente, sono generici e difficoltosi da spiegare.

Sintomatologia vascolare

Nel restante 10% dei casi, si assiste alla presenza di sintomi prettamente vascolari. Solo il 25% di questi sintomi saranno imputabili all’alterazione del circolo arterioso, mentre il restante 75% dei casi sarà di tipo venoso.

Per quanto riguarda le cause della compressione arteriosa (arteria succlavia, arteria ascellare), possono essere ricercate in compressioni estrinseche del vaso (es. costa cervicale), oppure da compressioni intrinseche date da ripetuti traumi dell’arteria, o stenosi (restringimento del lume) a causa di malattie vascolari croniche come l’aterosclerosi.

Nel caso della compressione arteriosa, l’arto superiore risulterà freddo e presenterà ischemia intermittente.

Le cause della compressione venosa (vena succlavia) sono tutte estrinseche, derivanti da compressione del vaso da parte di strutture osteo-muscolari. La sintomatologia è rappresentata da edema diffuso e cianosi. In letteratura tale tipologia di TOS può presentare tre genesi:

  • Ostruzione venosa intermittente;
  • Trombosi venosa secondaria;
  • Trombosi da sforzo.

Valutazione della sindrome dell’egresso toracico superiore

Prima di passare agli esami diagnostici per immagine, esistono dei test che possono risultare molto utili all’operatore nella diagnosi differenziale della sindrome con le problematiche derivanti direttamente dalla colonna cervicale. I test di cui parleremo in questo breve articolo sono:

Test di Adson

Il test di Adson probabilmente è il test più conosciuto. Esso consiste inizialmente nella valutazione e nel confronto dei polsi radiali. In prima istanza, infatti, è necessario valutare l’ampiezza dei due polsi radiali. Il polso radiale dell’arto incriminato deve essere monitorato per tutta la durata del test. Bisogna chiedere un’apnea inspiratoria al paziente e chiedergli di creare una leggera estensione del capo e rotazione dello stesso verso l’arto incriminato. A questo punto bisogna valutare l’ampiezza del polso radiale. La sua diminuzione o scomparsa indica una compressione dell’arteria succlavia, compressione che può essere dovuta da una ipertrofia dello scaleno anteriore, dalla presenza di una costa cervicale o dalla presenza di una massa spazio occupante. Se la rotazione omolaterale del capo dovesse portare nessun esito, bisogna eseguire il test con la rotazione controlaterale del capo rispetto all’arto preso in esame. Se il polso radiale dovesse rimanere invariato, ma si dovessero presentare parestesie, allora il test sarà positivo per la compressione, non della porzione vascolare, bensì di quella neurologica (plesso brachiale).

Test di Adson

Nel test di Adson, si valuta la variazione del polso radiale chiedendo una rotazione del capo omolaterale con leggera estensione.

Test di Allen

Il test di Allen ha lo scopo di valutare il corretto flusso sanguino in arteria radiale. A paziente seduto, viene creata un’abduzione ed extrarotazione dell’arto da esaminare. Il gomito deve essere flesso a 90°. Deve sempre essere valutato il polso radiale prima di effettuare il test, così da poter apprezzare le eventuali modifiche dell’ampiezza. Si chiede al paziente di ruotare la testa dalla parte opposta dell’arto esaminato. La modifica/scomparsa del polso radiale indica la possibile presenza di TOS.

Test di Allen

Nel test di Allen si posiziona l’arto superiore creando un angolo di 90° tra avambraccio e braccio. Si chiede una rotazione opposta del capo

Tale test nasce inoltre per la valutazione della pervietà dell’arteria ulnare. Nei casi di prelievo o incannulazione dell’arteria radiale, è fondamentale sapere se l’arteria ulnare riesce a garantire un corretto afflusso di sangue alla mano così da vicariare il flusso, eventualmente interrotto dall’occlusione dell’arteria radiale causata dal prelievo.

Test di Wright

Anche il test di Wright prende in considerazione la modifica del flusso sanguigno in arteria radiale. Tale test consiste nell’abdurre l’arto superiore incriminato oltre i 180°. In questo caso si andrà a stirare il tendine del piccolo pettorale. Lo stiramento diminuirà lo spazio compreso tra il tendine e il processo coracoideo della scapola. In questo spazio, vediamo il passaggio dell’arteria ascellare, vena ascellare e plesso brachiale. L’alterazione del polso radiale o comparsa di parestesie, dolori all’arto superiore, indicano la possibilità di presenza della sindrome dello stretto toracico superiore. Sindrome causata, in questo caso, da alterazioni strutturali del processo coracoideo (deformazione o ipertrofia), oppure ipertrofia del tendine del piccolo pettorale.

Test di Wright

Nel test di Wright si valuta il polso radiale dopo aver creato un’abduzione dell’arto superiore che si avvicina ai 180°

Test della trazione

Il test della trazione valuta sempre la variazione dell’ampiezza del polso radiale. A paziente seduto, una volta preso contatto con il polso radiale, si crea una trazione ed estensione del braccio. Questa manovra tira l’arteria succlavia sulla prima costa. L’alterazione del polso radiale non è segno patognomonico della presenza della sindrome dell’egresso toracico superiore, ma indica la possibilità di alterazione della prima costa o presenza di una costa cervicale. E’ consigliabile effettuare questo test bilateralmente, questo perché, l’esito negativo del test sull’arto opposto, conferma la positività dell’arto che riporta la modifica del polso radiale.

Test della trazione

Test della trazione

Test costoclavicolare

Il test costoclavicolare ha lo scopo di ridurre lo spazio compreso tra la clavicola e la prima costa. Dopo aver preso contatto con il polso radiale e valutata la sua ampiezza, trazionando leggermente l’arto superiore, chiediamo al paziente di creare una retropulsione della spalla insieme ad una sua flessione del capo. Tale manovra, come già specificato, riduce lo spazio compreso tra la clavicola e la scapola. Nella sindrome dello stretto toracico superiore, le strutture vascolari (arteria e vena ascellare) e nervose (plesso brachiale), si trovano incarcerate. La scomparsa del polso radiale o la comparsa di sintomi neurologici e/o dolore lungo la porzione radiale dell’arto superiore, sono un indicatori della possibile presenza della sindrome.

Test costoclavicolare

Il test costoclavicolare si esegue chiedendo una flessione del capo con una retropulsione della spalla

Manovra di Halstead

La manovra di Halstead valuta sia la componente vascolare che nervosa. Bisogna prendere sempre contatto con il polso radiale. Valutata la sua ampiezza, creare una leggera trazione dell’arto e si chiede al paziente di iperestendere il collo e creare una leggera rotazione del capo opposta all’arto esaminato. Tale estensione e leggera rotazione, metterà in tensione i muscoli scaleni. Possiamo trovare fenomeni vascolari con la riduzione o assenza del polso oppure comparsa di fenomeni neurologici. La riduzione o assenza del polso, indica la presenza di alterazioni della prima costa o presenza di una costa cervicale. La comparsa di segni neurologici, indica ipertrofia degli scaleni, nello specifico dello scaleno anteriore che comprime il plesso brachiale.

Manovra di Halstead

Nella manovra di Halstead viene chiesto al paziente di estendere il capo mentre trazioniamo l’arto superiore

Come si diagnostica la TOS

La diagnosi della sindrome dello stretto toracico superiore è clinica, ma confermata sempre dall’esecuzione di esami diagnostici per immagini specifici. Tale diagnosi spetta esclusivamente al medico e a nessun’altra figura. Ci tengo a fare questa premessa perché lo scopo di questo articolo è quello di informare e rendere i diversi operatori capaci di riconoscere i sintomi così da inquadrare ed eventualmente indirizzare il paziente allo specialista più indicato.

La diagnosi e gestione del TOS può essere molto difficile, questo perché, come già detto, la sintomatologia varia notevolmente tra i pazienti.

Esami strumentali per la diagnosi

Una volta appurato attraverso la clinica, la possibile presenza della sindrome dell’egresso toracico superiore, è possibile eseguire differenti esami diagnostici così da confermarla:

  • Radiografia del torace del collo così da confermare la presenza o assenza di coste sopranumerarie (costa su C7). Questo è il primo esame che generalmente viene eseguito;
  • Eco-color-doppler per valutare la corretta pervietà, sia venosa che arteriosa, dei vasi succlavi. (in questo articolo non ci concentriamo sull’esecuzione di questi esami).

Generalmente attraverso questi due esami è possibile fare diagnosi della sindrome, ma non sempre è possibile. In tal caso è possibile continuare l’iter diagnostico attraverso l’esecuzione di:

  • Angiografia: controllo tramite mezzo di contrasto dell’albero venoso e arterioso così da valutare la presenza di stenosi e/o aneurismi che potrebbero giustificare un’alterazione del flusso sanguigno;
  • AngioRM e AngioTC: utile nella diagnosi differenziale con altre patologie come neoformazioni.

Trattamento

In letteratura non esiste alcun trattamento chirurgico e non, che possa garantire la guarigione totale e sicura da tale sindrome. La terapia fisioterapica ha lo scopo di, attraverso determinate manovre, di ridurre e redistribuire le pressioni e le tensioni (5).

Esistono anche gli approcci chirurgici che hanno lo scopo di eliminare o limitare le tensioni agendo direttamente sui tessuti molli (rilassamento dello scaleno anterioreneurolisi), escissione della costa cervicale e/o della prima costa toracica (6).

Prognosi

Purtroppo, tutte le procedure descritte non sono del tutto efficaci. Nel breve periodo eliminano la sintomatologia nel 95% dei casi, purtroppo entro i 10 anni successivi, la sindrome, principalmente quella inerente alla compressione nervosa, presenta delle recidive, che abbassano la percentuale di successo dal 91% al 64% (7). Queste percentuali sono leggermente variabili poiché le modalità di uso dell’arto superiore, il lavoro svolto da parte del paziente, possibili anomalie dell’articolazione, possono influire sul recupero e sulla percentuale di recidiva.

 

Bibliografia:

  1. Peet RMHendricksen JDAnderson TPMartin GMThoracic outlet syndromeevaluation of a therapeutic exercise programPrc Mayo Clin 1956;31:2817;
  2. Redman L, Robbs J. Neurogenic thoracic outlet syndrome: Are anatomical anomalies significant? S Afr J Surg 2015;53(1):22-5;
  3. Piotr Godek, Wojciech Ruciński, Grażyna Brzuszkiewicz-Kuźmicka. Functional Thoracic Outlet Syndrome. DOI: 10.1515/rehab-2015-0074;
  4. J. Cipriano: Test ortopedici e neurologici. Manuale fotografico suddiviso per regioni anatomiche, Verduci; 4 edizione (2006);
  5. Lindgren KA. Conservative treatment of thoracic outlet syndrome: a 2-year follow-up. Archives of Physical
    Medicine and Rehabilitation 1997;78(4):373-8;
  6. Sheth RN, Belzberg AJ. Diagnosis and treatment of thoracic outlet syndrome. Neurosurgery Clinics of North
    America 2001;12(2):295-309;
  7. https://www.orpha.net/

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Sono Angelo Terranova, CEO e Founder di OsteoLab, il laboratorio della salute. Cosa possiamo fare per te?

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Autore: Angelo Terranova

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Osteopata, CEO e fondatore di OsteoLab. Sono sempre stato convinto che la problematica della persona debba essere approcciata in maniera integrata e olistica. Per tale motivo ho creato OsteoLab.

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