Indice di Delmas: a cosa servono le curve della colonna vertebrale
Prima di parlare dell’indice di Delmas è di fondamentale importanza conoscere l’architettura rachidea che potrai trovare nell’articolo che parla dell’anatomia della colonna vertebrale.
Come riportato nell’articolo appena citato, la colonna vertebrale presenta diverse curve che si alternano e che vengono suddivise in lordosi e cifosi. Nello specifico la colonna vertebrale presenta una lordosi cervicale, una cifosi dorsale, una lordosi lombare e una cifosi sacrococcigea. Qualora volessi approfondire l’argomento ti consiglio di leggere l’articolo sulle curve del rachide.
Indice delle informazioni che troverai nell’articolo
- Le curve danno maggiore resistenza;
- Cos’è l’indice di Delmas;
- Differenze tra colonna dinamica e statica.
La colonna è più resistente
Grazie a queste curve, tale resistenza risulta essere circa 10 volte maggiore rispetto a quella presentata da una colonna vertebrale priva di lordosi e cifosi e quindi rettilinea (1). Tale valore è stato raggiunto grazie al paragone del rachide a una colonna elastica a curve alternate e il valore della resistenza viene ottenuto applicando la legge fisica che si applica appunto a tali colonne, anche se non potrà sicuramente essere applicata totalmente al modello della colonna vertebrale.
Tale legge calcola la resistenza della colonna tramite il quadrato del numero delle curve +1. Nel caso della colonna vertebrale verranno considerate le due lordosi (cervicale e lombare) e la cifosi toracica. Da questo deriva il valore 10 ottenuto da questo semplice calcolo 32 +1 (2).
Cos’è l’indice di Delmas
L’indice rechideo di Delmas indica la tipologia di colonna che presenta un determinato individuo. Esso è la risultante del rapporto tra l’altezza (H) moltiplicata per 100 e la sua lunghezza (L), ovvero H*100/L. Il calcolo della lunghezza e altezza avviene tramite la distanza presente tra l’atlante e la prima vertebra sacrale. Tale indice darà dei risultati compresi tra 94 e 96.
In base al valore ottenuto, saremo davanti a differenti tipologie di colonna vertebrale:
- Il valore 94 indica una colonna con curve maggiormente accentuate definendo così una colonna di tipo dinamico;
- Il valore 95 indica un rachide con curve intermedie andando a definire una colonna di tipo intermedio;
- Il valore 96 indica un rachide con curve poco pronunciate definendolo colonna vertebrale di tipo statico.
NB. C’è da dire però che non necessariamente un valore vicino al 94, indichi una colonna vertebrale dinamica, poiché una cifosi accentuata e molto consolidata, porterà sì ad un valore vicino o anche inferiore a 94, ma non necessariamente saremo davanti ad una colonna vertebrale dinamica (3).
Prima di parlare dell’importanza delle differenti tipologie di colonna vertebrale, ti consiglio di ripassare le diverse strutture anatomiche che compongono al colonna vertebrale.
Colonna dinamica e statica: differenze
Soltanto con la parola statico e dinamico, si riesce a dare un’idea delle differenze delle due tipologie di colonna vertebrale. Parlando di una colonna di tipo dinamico avremo delle curve accentuate e delle componenti rachidee si troveranno a lavorare con bracci di leva maggiori e saranno meno soggette a compressioni assiali, viceversa una colonna di tipo statico e quindi con curve meno accentuate, sarà una colonna che lavorerà con bracci di leva più corti ma che risentirà maggiormente della compressione assiale. Questo ci porta alle possibili problematiche a cui potranno essere soggetti gli individui con tali tipologie. Una colonna dinamica, se da un lato riesce ad attutire le vibrazioni che dal bacino si portano al capo, dall’altro, nell’evoluzione dell’individuo, potrebbero portare a problematiche di tipo artrosico delle faccette articolari o dei corpi vertebrali. Inoltre, il continuo lavorare sulle leve lunghe, porterà ad un carico eccessivo dei legamenti e muscoli necessari a contrastare l’evoluzione della cifosi e che spesso sono la causa della dorsalgia meccanica posturale. Una colonna statica, proprio per la sua deformabilità maggiore ai carichi assiali, andrà a sovraccaricare maggiormente i dischi intervertebrali, andandone a causare, durante l’evoluzione dell’individuo, la propensione del cedimento elastico dei dischi intervertebrali. Inoltre non risponderà così efficacemente come la dinamica nell’attenuazione delle forse ascendenti provenienti dagli arti inferiori (3).
- Kapandji, Anatomia funzionale set 1-2-3 vol. Indivisibili. Monduzzi, 6 edizione 1 agosto 2011;
- Robert Maigne, Dolori di origine vertebrale. Comprendere, diagnosticare e trattare. Elsevier 1 gennaio 2009;
- Elena Martinelli, Prevenzione del mal di schiena di origine meccanica con attività motoria e comportamentale. Approfondimenti di patomeccanica e biomeccanica rachidea. Firenze University Press, 27 novembre 2014.
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